Prima di incontrare Amma, avevamo un po’ scordato quanto possa essere confortante, emozionante e caldo un abbraccio. Quel gesto che conduce l’altro verso di te… solleva gli arti e con quelli ti avvolge, dolcemente. Tante volte nella vita ne abbiamo ricevuti: dai famigliari, fin dai primi giorni di vita, dagli amici, spesso per farci consolare dai dolori più inconsolabili, e poi tra noi come coppia… ce ne siamo regalati a migliaia. Forse per questo li avevamo relegati tra quei gesti abitudinari, quelli che fanno parte di una routine ormai assodata.
Ma quanto è forte l’abbraccio che si riceve da qualcuno che non vediamo da tempo? O quello di un ragazzo al primo appuntamento? O di una ragazza, s’intende.
È forte, sì… indimenticabile. Dovremmo ricordarcelo ogniqualvolta ci abbandoniamo tra le braccia altrui. Perché l’abbraccio è un dono sempre, reciproco e prezioso. Noi ad Amritapuri, nel sud del Kerala, abbiamo aspettato ben 7 giorni per l’abbraccio di Amma, una donna indiana che a malapena conoscevamo.
Avevamo già sentito nominare Amma, in televisione, o su qualche giornale, o forse qualche amico l’aveva citata in una non ben definita occasione. Quando i ragazzi italiani conosciuti a Varkala ci hanno parlato per la prima volta di Amritapuri, non eravamo troppo convinti che fosse il posto per noi.
“Cosa ci andiamo a fare? Non sappiamo nulla di questa donna.” Anche le dimensioni enormi del luogo non sembravano essere ideali: dopo l’esperienza a Gokarna, in un ashram piccolo e familiare, Amritapuri, con i suoi 3000 residenti, pareva tutto fuorché un luogo in cui trovare il clima adatto alla meditazione e allo yoga.
Ma poi abbiamo cambiato idea.
Nel corso dei giorni, i loro racconti hanno suscitato la nostra curiosità. Inutile giudicare senza aver visto. Inutile farsi un’idea sulla base delle tantissime notizie che si trovano su Internet al riguardo; positive, ma anche negative, in grandissima parte. Non restava che andare di persona.
L’ashram di Amritapuri sorge a pochi chilometri da Karunagappally, nel luogo dov’è nata e cresciuta Amma; la stalla che fu convertita in tempio, con il benestare del padre, affinché ella potesse abbracciare chiunque lo desiderasse, è oggi adibita a luogo per la “puja”, una sorta di preghiera induista o atto di adorazione verso una divinità. Nel corso degli anni, ad Amritapuri, sono stati costruiti moltissimi edifici, alcuni adibiti ad accogliere le persone che hanno fissa dimora nell’ashram, altri i visitatori temporanei; si trovano inoltre shops di vario genere, un piccolo supermercato, una biblioteca e una piscina, con orari differenti per uomini e donne. Poi c’è il grande padiglione, con le varie mense nelle vicinanze, e il tempio della dea Kali. Tutt’ora lo spazio risulta in espansione. I due palazzoni centrali, a primo impatto, stonano all’interno della cornice della folta e rigogliosa vegetazione circostante. Dai piani più alti non si riesce ad individuare la fine della giungla sottostante, che corre incanalata tra la spiaggia e il fiume. Lo spettacolo della natura è assicurato, soprattutto all’alba e al tramonto, quando il chiacchierio di migliaia di uccelli anima tutto il circondario. Inizialmente lo sviluppo dell’ashram è avvenuto in altezza, poiché i vicini contadini non erano in alcun modo intenzionati a vendere le loro terre. Soprattutto per una causa come quella di Amma, una donna che, nell’India di 50 anni fa, iniziò ad abbracciare tutti: donne, bambini, anziani e addirittura uomini!!
Inutile dire che non ha avuto vita facile. Nemmeno tutt’ora a dire il vero.
Già, perché se tanti hanno trovato conforto in lei, altrettanti l’hanno ripudiata… e non solo nella sua terra natia. Anche nei motori di ricerca dei nostri computer è piuttosto facile trovare blog interamente dedicati alle critiche, piuttosto pesanti, nei confronti di questa donna.
Per chi risiede ad Amritapuri da anni e la venera come “guru”, Amma è una santa a tutti gli effetti. Una che trascorre la maggior parte del tempo spostandosi da una parte all’altra del mondo, per abbracciare le persone e donare loro amore e consolazione. Il suo “darshan” o abbraccio (letteralmente “contatto con il divino o benedizione”) ha risollevato molti da una vita avvolta dalle tenebre, senza più speranze da riporre in una fede religiosa, né valori cui fare riferimento.
Le opere umanitarie e i progetti di finanziamento scolastico, sociale, sanitario e ambientale, sostenuti da istituzioni a lei direttamente collegate, quasi non si contano. E non hanno altro scopo se non quello di offrire aiuto, anche laddove accadono calamità naturali di enorme portata.
Per quanti non la vedono di buon occhio invece, Amma è poco più che una cialtrona; una che vende i suoi prodotti, con tanto di marchio registrato, non tanto per sostenere gli innumerevoli progetti avviati, ma per lo più per business. Vi sono testimonianze di monache, un tempo grandi devote, che denunciano anni di insopportabili ritmi di vita a suo seguito: sempre in viaggio, sempre a disposizione di Amma nei suoi interminabili “tour dell’abbraccio”.
Noi non proveremo a sostenere una tesi, smontando l’altra. Possiamo solo parlare per noi, per quella che è stata la nostra esperienza ad Amritapuri.
Di certo non siamo diventati dei seguaci fedelissimi… non al pari di quelli che, durante la serata dell’Holy Festival, erano completamente assorti nella contemplazione di Amma, anziché gustarsi lo spettacolo di danze tradizionali. Ma non possiamo nemmeno negare che il tempo trascorso ad Amritapuri sia stato un vero toccasana, per il corpo e per la mente. Nonostante la quantità di persone, ci siamo ritagliati il nostro spazio, su uno dei tetti dei vari edifici, per praticare yoga la mattina. Così abbiamo fatto anche per la meditazione a spiaggia, al tramonto, di fronte all’enorme palla infuocata che lentamente scendeva a riposare dietro la sottile linea del mare. Uno spettacolo senza eguali nel corso del nostro viaggio. Abbiamo conosciuto persone differenti, con storie differenti. Qualcuno anche un po’ scorbutico e apparentemente non in sintonia con ciò che ci si potrebbe aspettare all’interno di un ashram. Ma la vicinanza con il proprio guru crea anche questa contraddizione, in quanto la persona prima di offrire il meglio, tira fuori il peggio di sé. Quest’ultimo viene eliminato poco alla volta, fino a che l’individuo non si sarà ripulito completamente. Così ci è stato detto.
Il “karma yoga” ci ha permesso di conoscere “Anam”, che significa “la senzanome”, così la chiameremo. Una signora, probabilmente inglese, che non ha riferito alcunché in merito al suo passato, ma che con estrema gentilezza, e anche difficoltà di movimento, ha coordinato il “milk team”, ovvero il gruppo addetto al lavaggio dei pacchetti di plastica del latte, destinati al riciclaggio. Si è limitata a spendere poche parole al giorno: un ringraziamento, un complimento, un incoraggiamento. É stata un esempio per il suo spiccato senso del dovere ed entusiasmo, come fossimo impegnati nel lavoro più bello e importante del mondo… Difficile crederci a volte, soprattutto quando la puzza del latte, per via del caldo, si faceva insopportabile e penetrante.
Abbiamo mangiato ottimo cibo, non solo indiano, ma anche decisamente più “western”, in alcuni casi vegan, ma sempre e comunque vegetariano; frequentato un nuovo workshop su una rivoluzionaria tecnica di stretching per l’intero corpo e riassaporato, dopo 7 mesi, il piacere della lettura di un libro vero, non digitale. Ayurveda, alimentazione, spiritualità e yoga: ci siamo sbizzarriti con i temi più vari. Abbiamo provato una sensazione di grande pace e rilassatezza nella vita ad Amritapuri, che a dire il vero, a volte, ci manca. È stata una parte di viaggio differente, in cui abbiamo guardato con maggiore attenzione dentro di noi, piuttosto che “fuori”. Non abbiamo cercato luoghi da visitare, se non quelli del nostro io interiore. Non abbiamo cercato nuove conoscenze, se non quella personale. Talvolta, ciò ha reso difficile lo stare insieme tra noi due soli.
Quando Amma è rientrata dal suo tour nel nord dell’India, con ben 11 pullman di accompagnatori volontari, l’ashram si è riempito di gente. I momenti per beneficiare della sua presenza sono stati molteplici; meditazioni, canti, discorsi durante i quali vi era possibilità di porre domande e un pranzo infrasettimanale, in cui lei ha riempito personalmente i piatti di ciascun commensale.
Noi siamo stati parecchio fortunati, poiché abbiamo ricevuto ben due abbracci. Entrambi un po’inaspettati, poiché arrivati al termine di una meditazione guidata, e non in uno dei giorni dedicati all’ ”abbraccio pubblico”. È stata lei stessa a dire di voler incontrare chi era arrivato da poco tempo ad Amritapuri e quindi noi ci siamo avvicinati! In una ventina di minuti eravamo in prossimità della sua seduta… una monaca le ha detto che eravamo italiani e lei ci ha sussurrato all’orecchio giusto un paio di parole: “Mio caro figlio, mio caro figlio”.
È stata una forte emozione. Non so da quanto tempo non mi capitava di sentire il cuore battere così forte. Personalmente non ho avuto un lungo contatto visivo con lei, mentre con Stefano, in entrambe le occasioni, si sono scambiati grandi sorrisi e gesti d’intesa con il ciondolio laterale della testa, tipicamente indiano. Stefano dice che Amma ha visto che in lui c’era ben poco da consolare… Probabilmente è vero, beato lui che si alza sempre con il piede giusto e il sorriso stampato in faccia!! Chissà cos’ha visto in me… parecchio lavoro da fare!!
Il visto in scadenza è stato l’unico motivo che ci ha costretti a lasciare l’ashram; avremmo prolungato volentieri la permanenza, arricchendola di ulteriori letture e corsi, come quello per imparare in modo più approfondito la meditazione di Amma.
Questa donna, a parer nostro, è avvolta da un’aura divina; lo si percepisce dall’atmosfera che crea intorno a sé. Tra donazioni e vendita di prodotti, i soldi non le mancheranno, ma noi crediamo che siano utilizzati davvero per nobili scopi. Quella di Amma non è di certo la vita di una miliardaria che si gode i suoi guadagni…
Noi, ora, abbiamo maturato la nostra idea e siamo felici di poter dire di essere stati ad Amritapuri.
(Immagine di copertina presa da internet, dato che non era possibile scattare foto all’interno dell’Ashram)