È molto difficile scrivere un unico post che possa riassumere i 20 giorni trascorsi in questo freddo Paese dell’Asia, “incastrato” tra Russia e Cina: della prima si ritrova il clima, piuttosto rigido già ad ottobre, della seconda gli occhi allungati della persone. La Mongolia è il Paese con la più bassa densità di popolazione al mondo, basti pensare che più di 1 milione di abitanti su un totale di quasi 3, vive nella capitale Ulaanbaatar, mentre i restanti 2 milioni sono sparsi su una superficie grande 5 volte l’Italia. Non vi sarà difficile immaginare che, allontanandosi dal grande centro urbano, è più facile imbattersi in greggi di pecore o mandrie di yak e cavalli, piuttosto che in gruppi di persone.
Siamo giunti a Ulaanbaatar con un treno della transmongolica dopo sole 15 ore di viaggio dal confine russo. Da alcune settimane eravamo in contatto con Minjin, una ragazza che ci ha accolto nella sua stupenda e centralissima “Taiga guest house”. Spostarsi in autonomia qui è pressoché impossibile, sia per le caratteristiche del territorio (strade dissestate e rete di trasporti poco efficiente), sia poiché, a quanto dicono i mongoli stessi, non è consigliabile non appoggiarsi ai locals. Insomma, il turista che “fa da sé” non è visto di buon occhio. Per tale ragione, tramite l’agenzia di Minjin, abbiamo deciso di addentrarci alla scoperta delle popolazioni nomadi del nord, quasi 200 persone, suddivise in diverse famiglie, che ancora vivono spostandosi nell’immensa taiga mongola per dedicarsi all’allevamento delle renne. Già, nemmeno noi lo sapevamo, lo ammettiamo. Nel nord della Mongolia è possibile vedere da vicino questi splendidi ed eleganti animali, che spesso i nostri bambini chiamano “ le aiutanti di Babbo Natale”. Eh sí… loro sono aiutanti preziose, ma non del nonnino barbuto che distribuisce i doni la sera del 25 dicembre, ma di questa gente che vive immersa nella natura, all’interno di tende simili alle “tepee indiane”, scaldate da semplici stufe di ghisa. Li abbiamo raggiunti con non poca fatica: 12 ore di pullman da Ulaanbaatar a Mörön (776 km in direzione nord-ovest), 15 di pulmino per raggiungere Harmai, dove abbiamo sostato per ottenere uno speciale permesso dato l’avvicinamento al confine russo, e altre 10 di cavalcata fino all’accampamento, situato sulle montagne a ben 2100 metri di altitudine. Parlando di cavalcata s’intende in sella ad una morbida renna e non ad un fiero destriero. Nessun mezzo a motore può attraversare le immense radure e le foreste della taiga; così lungo i fiumi, i numerosissimi laghi, il morbido sottobosco e le piane più paludose, s’incontrano solamente uomini che si spostano con renne e cavalli verso i Paesi per vendere o comprare merci.
Presso il nucleo famigliare cui facciamo visita, gli uomini sono sei e si occupano principalmente di portare gli animali al pascolo, della macellazione della carne e del reperimento della legna; le tre donne cucinano, mungono, preparano il thè, il formaggio e badano ai bambini, 2 femmine di 4 e 6 anni e 2 maschietti di 5 e 9 mesi. Pensare di trascorrere 6 giorni qui pare un’eternità: 6 giorni, 144 ore, 8640 minuti…il tempo scorre LentaMente. Se si pensa poi all’assenza di una doccia, dell’acqua calda, di un locale coperto che si possa definire bagno, di un letto, di una qualunque connessione con il mondo…pare una follia!
Sbaglio o l’abbiamo voluto noi?
#lentamenteontheroad #Mongolia
Prossimamente pubblicheremo racconti e pensieri dei giorni trascorsi con i nomadi.
Ottobre 16, 2016 at 6:57 am
È stata dura da quanto ho letto ma ne è valsa la pena..traspare dal racconto lo stupore per un mondo cosi legato alla natura..
Dicembre 23, 2016 at 8:23 am
=)